Le cascate del rio Bucamante
Le cascate del Rio Bucamante, celate tra i pendii boscosi del nostro territorio, sono raggiungibili sia dalla frazione di Granarolo, risalendo il sentiero immerso nei boschi lungo il torrente, sia dalla frazione di Monfestino. Le cinque cascate naturali del Rio Bucamante ed i rari esemplari di flora del luogo rappresentano un fascino particolare e costituiscono una delle oasi naturalistiche più belle e suggestive della collina modenese. Il nome “Bucamante” deriva dalla leggenda di due amanti: l’aristocratica Odina e il giovane pastore Titiro, i quali, non potendo vivere alla luce del sole il loro amore, ostacolato dalla famiglia di lei, si suicidarono gettandosi in quelle acque che da quel giorno furono chiamate “Buca degli amanti”, da cui il nome Bucamante.
Per meglio ammirare le cascate sono stati realizzati due percorsi denominati appunto Titiro ed odina.
Le ofioliti di Pompeano e di Varana Sassi
Nella frazione di Pompeano e nella località di Varana Sassi sono presenti spettacolari e rari ammassi rocciosi, di origine eruttiva, di colore verde scuro. Questi giganteschi speroni isolati, come gli altri che affiorano nel nostro Appennino, scaturirono da effusioni magmatiche avvenute 200 milioni di anni fa lungo una dorsale che si era venuta a formare sul fondale marino di un grande golfo chiamato Tetide, che si trovava dove ora è il mare Ligure.
Trenta milioni di anni fa, la dorsale marina, formata da sabbie, fanghi, limi e prevalentemente da argille, assieme alle ofioliti e serpentine, a seguito della compressione subita dall’avvicinarsi dei continenti africano ed euroasiatico, si deformò e sollevandosi scivolò dal luogo di origine, Tetide, sino a qui, dando così forma ai terreni che ora costituiscono il nostro Appennino.
Le cascate del rio delle Borre
Le cascate del rio delle Borre sono raggiungibili percorrendo la panoramica Via Giardini. Una volta arrivati in località Stella, si deve svoltare sul bivio che indica “Via Bartolacelli” e “Cava di Varana”, e dopo qualche minuto si incontrerà il torrente e le sue quattro bellissime cascate. Lungo il corso del rio delle Borre non facilmente percorribile per la mancanza di un sentiero, tra un intrigante vegetazione, è possibile ammirare cascate che raggiungono l’altezza di 20 metri.
Il Sasso delle Streghe
Il monolite si trova nella frazione di Rocca Santa Maria. Il Sasso, immerso in un bosco di roverelle, è una formazione calcarea contenente fossili marini di circa sei metri di altezza e dodici di circonferenza. Trecento metri più in basso si possono notare tracce di formazioni calcaree, argilla, marne e banchi fossili costituiti quasi integralmente da grosse bivalve chiamate Lucina Pomum che testimoniano la presenza del mare in questi luoghi circa sette milioni di anni fa.
Sasso delle Streghe rappresenta uno dei migliori affioramenti, a livello mondiale, di chemioerme fossili, originato da comunità chemio sintetiche.
La salsa della Cintora
La salsa della Cintora si trova nella frazione di Rocca Santa Maria e presenta le stesse caratteristiche di quelle presenti nella vicina e più famosa località di Nirano. La salsa è costituita da un unico cono, di circa un metro di altezza, da cui fuoriescono acqua salata, gas metano e fanghiglia d’argilla. Prima del 1975 il cono aveva raggiunto i quattro metri di altezza. La salsa è chiamata dagli abitanti del luogo “Bomba”, perché dal suo cono, durante i temporali, fuoriescono suoni simili a quelli di piccole esplosioni.
I boschi di Faeto
La frazione di Faeto, posta nella posizione più elevata e panoramica di fronte al Monte Cimone e all’Appennino reggiano, è nota per i boschi della Carbonara, un luogo suggestivo e freschissimo ricoperto da una rigogliosa vegetazione di boschi di castagni, quercioli, betulle ed aceri.
Da Faeto, percorrendo per circa un chilometro un magnifico vialetto di cerri, si arriva al bosco denominato “Paradiso”, dove crescono piante di castagno, cerro, carpino, faggio, pino silvestre, betulla e tasso. In primavera il paesaggio si arricchisce di viole, mammole e genziane ed in autunno è possibile raccogliere numerosi e prelibati funghi.
La via Vandelli
Lungo la strada Serramazzoni – Sassuolo, a pochi chilometri dal capoluogo, tra i castagneti che ricoprono il versante nord di Faeto chiamati “Carbonara”, è possibile percorrere a piedi un tratto della antica Via Vandelli. La strada, che prende il nome da Domenico Vandelli che ne tracciò e ne diresse i lavori di esecuzione, partiva da Sassuolo e, passando per Campodolio, Varana, Carbonara, Serra dei Mazzoni, Casa Ghinelli, Casa Chiozza, si andava a congiungere col tratto principale della Via Ducale (Vandelli) che da Modena saliva lungo la Val Tiepido per poi proseguire fino a San Pellegrino in Alpe e Massa Carrara. La strada, che fin dal XIII secolo costituì un’importantissima via di collegamento tra l’Emilia e la Toscana, andò col tempo in disuso a causa dei suoi tortuosissimi serpeggiamenti ed enormi pendenze che ne rendevano quasi impossibile l’accesso durante i mesi invernali. A seguito dell’apertura della via Giardini strada di collegamento, venne completamente abbandonata. Di essa rimangono oggi soltanto pochi resti attraverso i boschi dell’Alto Appennino.