La gastronomia di Serramazzoni è legata alla sua antica tradizione contadina.
È difficile trovare luoghi dove i sapori e le tradizioni culinarie si sono conservati così integri da ogni contaminazione ed omologazione del gusto. I sapori della gastronomia Serramazzonese vengono da lontano, dal profondo della storia di questa provincia, da secoli di esperienza nella coltivazione della terra, nell’allevamento, nella lavorazione delle materie prime. Se il Parmigiano Reggiano e i salumi rappresentano le voci più importanti nell’economia agricola locale, gli unici vini a fregiarsi delle diverse denominazioni ed indicazioni di origine nell’ Appennino Modenese sono il vino Malbo, lo Chardonnay e il Lambrusco di Modena che nel territorio di Serramazzoni ha la denominazione D.O.C.
La cucina di Serramazzoni è sempre stata considerata “semplice”, perché fa uso esclusivo dei prodotti del territorio ed è frutto di poche elaborazioni, eppure rivela tocchi di grande creatività in molte ricette, spesso scaturite da necessità nutrizionali o da scarsa disponibilità e varietà delle materie prime, che hanno spinto le vecchie generazioni a utilizzarle o a metterle insieme in maniera originale. È il caso di un piatto come i “calzagatti”, polenta di granturco arricchita con i fagioli, nato per sopperire alla scarsità di carne. Assoluta originalità la detengono i borlenghi e le crescentine più note come “tigelle” nome della pietra nella quale veniva cotta la crescentina.
L’originale metodo di cottura consisteva nel mettere la pasta, protetta da due foglie di castagno, direttamente sulla pietra a forma circolare scaldata nella brace, che lentamente la cuoceva con il suo calore.
La pasta fresca fatta in casa con uova e farina, tagliata a mano con il “taglierino”, l’utensile tipico della cucina modenese, è un altro punto di forza della gastronomia di Serramazzoni. In tutto il territorio si possono facilmente trovare i tortellini ripieni di “pesto” a base di parmigiano, prodotto nei tanti caseifici locali, carne di maiale selezionata, prosciutto e mortadella, rigorosamente serviti nel brodo di carne, i tortelloni di ricotta di mucca,le tagliatelle e le lasagne.
Tra le specialità del territorio, come detto, il posto d’onore va ai salumi da taglio, come il prosciutto di Modena, il salame montanaro, i ciccioli frolli, la pancetta e l’immancabile lardo, che battuto con aglio e rosmarino è il condimento tipico di crescentine e borlenghi.
Un altro prodotto da assaggiare è sicuramente l’aceto balsamico tradizionale, prodotto con mosto d’uva del luogo, invecchiato per almeno dodici anni.
Già in età romana lo si utilizzava, la sua produzione è documentata a partire dal 1046 fu molto apprezzato nel rinascimento dagli Estensi, che lo fecero conoscere all’alta aristocrazia e a numerosi regnanti. Diverse sono le acetaie nel territorio di Serramazzoni, alcune sono visitabili ed in esse è possibile degustare il prezioso ingrediente con formaggi, frutta e dolci.
Serramazzoni è ricca di boschi di castagni detti castagneti. Grazie alle castagne, da essi prodotte, nei periodi di carestia la gente è riuscita a sopravvivere. Ancora oggi questo frutto e la farina che da esso si ricava, macinandolo dopo una lenta essicazione nei tipici “metati”, costituisce la base di numerosi piatti: polenta, castagnaccio, frittelle e torta di castagne ancora molto diffusi tra la gente di montagna. Si tratta di ricette semplici, che derivano dalla più autentica tradizione rurale, ma che riescono ad esaltare il sapore tipico della castagna frutto per eccellenza delle nostre montagne.
Le incontaminate zone montane e pedemontane, ricche di erbe aromatiche e di fiori, offrono l’ambiente ideale per l’allevamento delle api e per la produzione di miele.
Una particolare attenzione, nel nostro territorio, è rivolta alla coltivazione delle rose che vengono ulteriormente valorizzate utilizzandole anche in cucina per piatti e dolci da assaporare nel periodo di maggio/giugno in occasione della “Festa della Rosa”.
Legati alle feste e alle tradizioni locali ci sono i dolci tipici come: il “bensone”, da “inzuppare” in un buon bicchiere di lambrusco o di vino amabile di produzione locale, la crostata di marmellata di amarene, frutto tipico prodotto prevalentemente nelle frazioni di Pazzano, Valle e Riccò, la torta di tagliatelle e la zuppa inglese.
Per gli amanti dei distillati e degli infusi, da segnalare il nocino di Serramazzoni, che si ottiene dalla macerazione del mallo delle noci immature, colte rigorosamente la notte di S. Giovanni Battista il 24 giugno, e lasciate per mesi in infusione in una soluzione di alcool, acqua e zucchero. L’ottimo infuso ottenuto viene bevuto dopo i pasti come digestivo.
Polenta
Caratteristico piatto molto diffuso in tutta la montagna modenese, accompagna tradizionalmente la mensa rustica. Preparata con farina gialla di granturco, la polenta va servita nel piatto con il condimento di saporiti ragù di carne e di funghi, formaggi, salse ed umidi di cacciagione, oppure tagliata a fette e fritta per accompagnare le portate.
Crescentina
È un antico pane montanaro ottenuto da un sapiente impasto di farina, acqua e sale, cotto oggigiorno sul fuoco in apposite piastre di metallo, un tempo, invece, la crescentina veniva cotta in formelle tonde di terra refrattaria, dette tigelle, poste nel camino a diretto contatto con le braci, resta comunque inalterato il gusto e l’ottimo sapore.
I piccoli dischi di pasta, spessi e di forma tondeggiante si gustano caldi e croccanti, serviti con gli ottimi salumi e insaccati locali oppure conditi con un pesto di lardo, aglio e rosmarino e una spolverata di parmigiano reggiano grattugiato.
Si possono anche consumare al posto del pane con umidi e cacciatora. Piatto forte di numerose sagre assieme al gnocco fritto o crescenta fritta dalla caratteristica forma a bolla, preparato con lo stesso impasto della crescentina, ma tagliato a rombi e fritto nello strutto bollente da farcire a piacere con salumi e formaggi.
Borlengo
Il borlengo come la crescentina, è un tipico pane montanaro molto antico. La sua origine è un intreccio di gastronomia e storia, si fa risalire addirittura all’epoca preistorica, quando le terre dell’Appennino modenese erano abitate da popoli primitivi. La loro dieta alimentare includeva pani non lievitati, semplici ma molto nutrienti, composti di acqua e farina macinata grossolanamente, gli stessi ingredienti che sono tuttora alla base di questa preparazione. Un sottile foglio di “colla” (acqua e farina) cucinato in un “sole” o nelle “cottole” pronto per essere condito con “la cunza” (lardo ben sminuzzato, aglio, rosmarino) e la “forma” (parmigiano reggiano).